Per garantire una corretta certificazione del diamante, esistono regole internazionali, che consentono una valutazione oggettiva in ogni parte del mondo.
Tra gli anni ’40 e ’50 il G.I.A. (Gemological Institute of America) ha sviluppato l’International Diamond Grading System. Facendo nascere così il sistema di valutazione universalmente conosciuto come “4C”, quale acronimo delle iniziali dei quattro parametri fondamentali per la valutazione di un diamante:
TAGLIO
COLORE
PUREZZA
CARATURA
Nel dettaglio:
Fra tutti i parametri di valutazione, la proporzione del taglio (cutting) è di gran lunga la più importante.
Quando le proporzioni sono perfette, tutta la luce ricevuta dalla pietra viene riflessa dalla tavola o dalle faccette della corona, infatti l’intento è quello di valutare la capacità rifrangente e il termine CUT si riferisce non alla forma del diamante, bensì alla qualità del taglio.
Se il padiglione è troppo alto, o al contrario poco profondo, la luce passa attraverso le faccette del padiglione stesso e si perde senza far brillare la pietra.
Le uniche pietre classificabili come pietre tagliate sono quelle da 0,25 carati in su
Gli elementi fondamentali per la valutazione del taglio di un diamante sono:
– Table diameter percentage: la proporzione della larghezza della tavola rispetto al diametro della forma del taglio brillante.
– Crown height percentage: la proporzione dell’altezza della corona rispetto al
diametro della forma del taglio brillante.
– Pavillon depth percentage: la proporzione della profondità del padiglione rispetto
al diametro della forma del taglio brillante.
Se è vero che la pietra perfetta è incolore, è anche vero che esistono in natura diamanti colorati spesso apprezzati più di quelli bianchi grazie a questa caratteristica, là dove il colore è talmente intenso da diventare un pregio.
Il colore dei diamanti viene valutato illuminando la pietra da nord e sulla carta bianca, tutto questo per evitare la distorsione da parte delle fonti di luce naturale artificiale.
La colorazione è un fenomeno dovuto alla presenza ( in piccole percentuali ) di sostanze chimiche che danno alla pietra gradevoli tonalità gialle, blu, verde e rosa.
L’unico metodo valido per determinare l’esatto colore del diamante, è quello di paragonarlo con un altro che sia stato classificato come pietra di paragone.
Un diamante si è formato nell’arco di 900.000 anni.
In un così lungo lasso di tempo all’interno del cristallo si sono inglobate delle microinclusioni interne e delle macchie esterne la cui classificazione contribuisce a determinare il valore della gemma.
Si valuta quindi quante imperfezioni contiene la pietra e le sue caratteristiche totali: esterne e interne.
Il peso delle pietre preziose viene determinato in carati.
Un carato corrisponde a 0,20 grammi; ci vogliono ben cinque pietre da 1 ct. per eguagliare il peso di 1 grammo. Il carato, a sua volta, è diviso in 100 parti: 1 centesimo di carato equivale ad 1 punto.
Pare che l’adozione del carato, quale unità di misura, risalga al 1200 e si debba a Marco Polo, il quale, nell’esigenza di uniformare, nei vari mercati con i quali veniva a contatto, una unità di peso uguale per tutti, utilizzò i semi del carrubo (carat in arabo).
I semi del carrubo hanno infatti la caratteristica di avere sempre lo stesso peso, sia che si tratti dei giganteschi carrubi della savana che dei minuscoli frutti delle aree a clima temperato.
Ora si utilizzano metodi diversi ovviamente, utilizzando microbilance elettroniche che riescono a misurare il peso fino a cinque cifre dopo la virgola.
Monitorare il peso durante tutto il processo di lavorazione di un diamante è sicuramente una fondamentale operazione di sicurezza.
Nel 1970,per la prima volta, si rese necessario disporre di diamanti che godessero di una certificazione internazionale. Questo a favore di un nascente mercato di Investimenti in Diamanti e con un riconoscimento di valore degli stessi che fosse universalmente accettato. In breve ci si diede dei parametri di certificazione condivisi e sorsero i tre grandi Istituti di Certificazione Internazionale:
- GEMMOLOGICAL INSTITUTE of AMERICA (GIA)
- HOGE RAAD VOOR DIAMANT - ANTWERPEN (HRD)
- INTERNATIONAL GEMMOLOGICAL INSTITUTE - ANTWERPEN (IGI)
Da allora i certificati emessi dai suddetti Istituti assolvono alla funzione di riconoscibilità internazionale che, in stretta connessione con il listino RAPAPORT, permette un’attribuzione di valore del diamante immediata ed univoca in tutto il mondo.
Il famoso “RAPAPORT”, listino ufficiale dei diamanti, è edito settimanalmente a New York ed ha un valore planetario.
I prezzi Rapaport sono espressi in Dollari statunitensi. Nel listino Rapaport sono considerati il peso, il colore e la purezza e non il taglio, importantissimo elemento per la valutazione della singola pietra. Questo listino è, perciò, da considerarsi “di riferimento”.
E’ l’unico listino che garantisce una quotazione seria, scevra da manipolazioni, e sotto il controllo di Diamond Trading Company.
DTC, in cartello con la russa ALROSA, con la quale condivide il mercato mondiale dei Diamanti, gestisce il grezzo da fornire al mercato calibrandone le quantità in funzione della domanda del mercato e garantendo l’incremento annuo del valore del diamante tale da renderlo il più sicuro ed appetibile fra tutte le forme di investimento.
Il Kimberley Process è un accordo congiunto dei governi dei principali paesi del mondo e delle multinazionali produttrici di diamanti, che garantisce, sotto l’egida dell’ONU, che i profitti ricavati dal commercio di diamanti non vengano usati per finanziare guerre civili.
L’accordo, inoltre, obbliga i paesi partecipanti a controllare rigorosamente l’importazione e l’esportazione dei diamanti grezzi.
Il Kimberley Process viene stipulato nel maggio del 2000, in occasione di una conferenza a Kimberley, in Sudafrica, proprio per cercare di risolvere il legame problematico tra la produzione dei diamanti e i conflitti bellici.
’accordo prende il nome dalla Kimberlite, roccia dalla quale vengono estratti i diamanti e dalla città di Kimberley, dove furono scoperti i primi giacimenti in Sud Africa.
Nel 2002, 37 Stati firmano a Interlaken l’accordo per l’attivazione di un sistema di certificazione nella circolazione dei diamanti grezzi.
I requisiti che devono essere soddisfatti per poter aderire allo schema di certificazione sono fondamentalmente tre:
– I diamanti non possono essere destinati al finanziamento di gruppi di ribelli o altre organizzazioni che mirino a rovesciare il governo riconosciuto dall’Organizzazione delle Nazioni Unite.
– Ogni diamante esportato deve essere accompagnato da un certificato che provi il rispetto dello schema del Kimberley Process.
– Nessun diamante può essere importato da, o esportato verso, un paese non facente parte del Kimberley Process.
Un certificato di origine attesta tutto il percorso delle pietre, ne garantisce la provenienza e tutti i passaggi, dal grezzo al diamante tagliato.
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